Bolzano, 28 novembre – È tutta colpa della mia generazione se ci troviamo con questa realtà. Figli della sbornia del 68, i vidioti sono quelli che hanno trapassato la crescita mentale guardando durante gli anni 70/80 una sbollentata di cartoni animati Made in Japan, durante gli anni 80/90 una cariolata di telefilm Made in USA, durante gli anni 90 e 2000 la passata finale di reality e quiz show Made in Berluscolandia. Insomma, gli adulti di oggi quando si ritrovano per bere bevande alcoliche colorate, l’argomento massimo oltre al calcio per gli uomini e la moda per le donne, sono le canzoni delle sigle dei programmi sopracitati. Poi non dimentichiamoci degli audioti, spesso messi in secondo piano ma che hanno fatto forse maggiori danni partecipando a concerti per sconfiggere la fame nel mondo, l’apartheid in Sudafrica, contro il razzismo, ci mancava solo il trasporto illecito di latte in Uganda ed eravamo al completo. Una generazione che ha generato un’altra generazione di game boy, perché non saprei come altro definire queste generazioni che non sentono l’impulso in valori o ideali per cui rischiare la vita e la propria libertà.
Cresciuti assorbendo quei valori buonisti dettati dalle regole internazionali del consumo propinati da radio e tv, non hanno fatto altro che sostituire gli idoli in cielo con delle idolatrie terrene spesso peggiori. La figliazione della mia generazione ha cambiato in modo irreversibile la percezione della vita trasponendo e mescolando il virtuale con il reale. Facendo ciò, hanno fatto del fatalismo un ineluttabile destino, per cui combattere e vivere per un valore o un ideale non ha senso. Annusare le questure o i commissariati come utenti passivi, assaporare il sangue in bocca perché si crede in un’idea profonda è oramai démodé. Meglio passare le giornate tra un flash mob e un cosplay oppure tra un happening del video game o in un meeting per ballare la salsa, ecc…Una generazione con la nostalgia di un epoca che puzzava sin dall’inizio di stantio non mi è mai piaciuta, ma purtroppo è la mia generazione
G.L.Cerere