La rubrica di PostaCerere
Lo scrivo adesso questo articolo, in un momento non sospetto, in modo che non si possa dire non lo sapevate. Prima o poi la pandemia finirà, questo è certo come è altrettanto certo che le conseguenze economiche saranno catastrofiche, soprattutto per noi italiani. Ma cosa sta succedendo? Per chi non se ne fosse accorto, lo Stato Italiano per affrontare questa pandemia sta contraendo debiti da capogiro sia con l’Europa e sia con i privati. Le regioni e le province non possono contrarre debiti perché hanno l’obbligo del pareggio di bilancio. Debiti che per il momento nessuno ci chiede di ripagare, ma da quando l’Europa e i Fondi Internazionali inizieranno a chiedere di saldarli e verrà sbloccata la moratoria del pareggio di bilancio saremo nella “m____a” fino al collo. Se uno fosse interessato a verificare i dati economici e finanziari, europei e mondiali, gli consiglio di guardare il sito dell’istituto economico indipendente www.querschuesse.de il quale riassume in modo esemplare anche con grafici di facile intuizione la situazione mondiale comparata. Le manovre economiche che si susseguiranno nella fase dopo Covid saranno, come si suol dire, lacrime e sangue, tanto preoccupanti che forse molti rimpiangeranno le lacrime da coccodrillo della Fornero. La quantità di debito che abbiamo fatto e continueremo a fare nei prossimi mesi non ha nulla di paragonabile con il passato, è un buco di bilioni di Euro che è pure difficile immaginarseli. Matthias Weik e Marc Friedrich, due economisti tedeschi, lo scrivevano già nel 2015 nel loro saggio “Der Crash ist die Lösung”, Es stellt sich längst nicht mehr die Frage, ob der Crash kommen wird – sondern lediglich wann (Non bisogna domandarsi ancora per molto se il crack economico avverrà, ma bensì semplicemente quando). Queste parole un po’ brutali ma dirette, ci fanno capire che non siamo sul bordo del baratro, ma siamo già nella fase di caduta e semplicemente dobbiamo aspettare il momento dell’impatto. Quindi che fare adesso? Bisogna semplicemente prepararsi all’atterraggio, e per poterlo fare con lungimiranza richiederebbe di sottrarre l’economia al controllo del pilota automatico della crescita e di riprogettare le strutture finanziarie, politiche e sociali che hanno trasformato la crescita in quello che W.W. Rostow chiama “condizione normale”, nella teoria degli stadi. La possibilità di atterrare senza farsi troppo male esiste, ma ne saremo capaci come nazione? Se i nostri politici dovessero riproporre i limiti con i quali ci hanno governato fino a prima della pandemia credo proprio di no, per capirci non è più tempo dei finanziamenti a pioggia, chiaro! Bisogna dare una nuova direzione e il Recovery Fund è una occasione che non dobbiamo lasciarla in mano alle solite multinazionali (Amazon, Google, ecc) e ai paradisi fiscali interni stessi all’Unione Europea (Olanda e Lussemburgo soprattutto). Le visioni in prospettiva sono talmente diverse tra destra e sinistra neoliberista che la fase di trasformazione e di progettazione di un nuovo sistema paese rischia di farsi condizionare dai diktat del centralismo paneuropeista. L’Europa ci imporrà tagli lineari sulle pensioni, aumento dell’età pensionabile, obbligo delle quote sui migranti, apertura dei porti, ecc, insomma le scelte paneuropeiste ci porteranno a conflitti sociali allargati oppure in atti di terrorismo vero e proprio. La coscienza di questo prossimo futuro deve iniziare a cambiare paradigma politico non solo nella classe dirigente che ci sta governando, ma bensì anche nei popoli. I popoli stessi dovranno essere la molla d’azione e la spinta verso la quale dovranno sterzare il timone i nostri politici. È un appuntamento troppo grande da arrivare in ritardo o impreparati. Perdersi in tatticismi politici questa volta significa il default di una nazione. Non si può più tornare indietro è l’ora delle decisioni irrevocabili!
G.L.Cerere