La rubrica di PostaCerere 

È da un po’ di giorni/mesi che la giunta provinciale e in primis il presidente Arno Kompatscher continua a fare campagne contro gli odiatori da tastiera. Promuovono codici etici per le conversazioni sulla rete, mostrano in pubblico le offese e le minacce ricevute, stigmatizzano i comportamenti di bullismo sul web, insomma stanno facendo una propaganda massiccia su quali regole si devono tutti attenere per poter stare sul web. Chi di spada ferisce di spada perisce mi verrebbe da dire. Il presidente Kompatscher è stato il primo ad utilizzare i social media per i sui progetti politici, per cui credo che fosse ben consapevole di cosa andasse incontro. Se la platea è ampia, sono anche ampie le sfaccettature delle persone; è una semplice regola dei grandi numeri. Se non vuoi entrare nel gioco della rete stanne fuori, nessuno obbliga qualcuno a farsi un profilo Facebook, Instagram, Twitter, ecc. Le regole nella rete ci sono e soprattutto esiste un codice penale e un codice civile per perseguire eventuali reati o illeciti. Il bon ton chiesto di volta in volta dal politico di turno sembra più una censura di stampo sovietico, con la quale si delimitano le idee e le libertà d’espressione, che di una vera volontà critica al sistema della rete. Anzi sembrerebbe più del semplice nervosismo del presidente della giunta visto anche il suo comportamento nell’ultimo consiglio provinciale. Un nervosismo dovuto soprattutto al fatto che era abituato a comandare su dei sudditi acconsenzienti senza mai avere un vero e proprio confronto aperto e leale. Ora che le condizioni del reale si sono talmente avviluppate per la pandemia è normale che il tutto si rifletta anche nel web. Una volta quando ci si affidava esclusivamente alla realtà era la stessa identica cosa, e se un politico riceveva una minaccia reale gli si assicurava una scorta pagata dai contribuenti. Io credo semplicemente che gli attacchi al web siano diventati principalmente delle armi di distrazione di massa. Ci si deve allarmare solo quando la realtà circostante diventa tesa, allora si che c’è da preoccuparsi. Ma se si arriva ad avere una realtà tesa è pericoloso e allora ci si deve interrogare se quello che si è fatto è corretto o no. Non semplicemente deresponsabilizzarsi e dare la colpa agli altri, come stanno facendo tutti i politici in questo momento. L’aver fatto scelte incoerenti e sbagliate non è la stessa cosa che aver fatto delle scelte impopolari e allora attribuire a questo la propria unica colpa. Ordinare la chiusura delle attività commerciali non significa lockdown se poi si permettono gli assembramenti ai laghetti montani o sulle passeggiate cittadine. L’incoerenza la vede chiunque, allora non c’è da meravigliarsi se poi qualcuno si arrabbia o dà in escandescenza, rientra tutto nella logica dell’essere umano, a meno che i cittadini non vengano considerati come dei semplici robot da comandare. La facilità con cui veniva regnato l’Alto Adige dalla SVP, con la scusante della tutela della minoranza e le vagonate di soldi che arrivavano da Roma, sono in questo momento un lontano ricordo. Sono finiti i tempi in cui era solo la minoranza italiana a rimetterci per la politica scellerata della SVP. Ora che le maglie si sono strette e stanno iniziando anche ad intaccare le persone, che fino al giorno prima avevano sostenuto la SVP, incomincia a far sentire i primi scricchiolii al System Südtirol. Si sente nella rete con l’hate speech e nel reale con l’avere la scorta. Un bagno di umiltà e un mea culpa, magari anche abbassandosi lo stipendio, non farebbe proprio male ma nemmeno a questo riescono pensare. L’aver confuso per troppo il concetto di democrazia facendo dimenticare che essa è una forma di regime politico, prima che una forma di società, è il vero errore di Kompatscher.

G.L.Cerere 

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