Quello che è successo in Afghanistan è stato un fallimento facilmente prevedibile e inevitabile. Come sempre non esiste solo una causa, ma una serie di concause il cui effetto domino ha avuto come risultato la situazione attuale. Partiamo dall’inizio e con inizio non intendo l’invasione sovietica, ma la storia di un paese che è spesso stato crocevia di invasioni e conflitti est-ovest. Con questi non intendo occidente oriente perché è una semplificazione troppo recente che risale solo agli ultimi due secoli, ma soprattutto tra culture del bacino mediorientale e culture asiatiche vere e proprie. Persiani contro mongoli, islam contro buddismo, che poi sono diventate indigeni contro la colonizzazione britannica, ecc, insomma queste sono le radici profonde che dividono il popolo dell’Afghanistan. Una nazione fondamentalmente voluta come cuscinetto di tutti i conflitti in modo da tenere in pace le regioni e le più attuali nazioni confinanti. Un caos voluto e paradossalmente ben organizzato. Una tribalità atavica il cui unico fine è il predominio assoluto alla faccia delle riflessioni benpensanti dei cervelli fini occidentali. Un mors tua vita mea di altri tempi ai quali noi siamo stati disabituati da un buonismo pavido e imbelle in nome di una litania inutile e alquanto banale lanciata a slogan sia a destra che a sinistra: libertà. Noi abbiamo cambiato i paradigmi dello sviluppo e del benessere sociale e con questi siamo abituati a confrontarci, ma questo non vale in tutti i popoli e in tutte le regioni della terra. Dove i nostri belli e democratici paradigmi sociali non esistono, ne esistono altri altrettanto validi e altrettanto vincenti. In Afghanistan si è proprio consumato un conflitto di questo tipo, due tribù si sono affrontate a viso aperto e una ha perso, questa è la reale e recente interpretazione che si deve fare. I talebani, da noi occidentali visti come criminali, hanno sconfitto il governo centrale, a mio modesto parere altrettanto criminale, dai più riconosciuto come i cosiddetti signori della guerra. Insomma una bella disputa per le coltivazioni di oppio del sud del paese, alla faccia della presenza statunitense in quel paese. Fare finta di non sapere che il governo Ghani fosse altrettanto criminale, corrotto e coltivatore di oppio come i suoi avversare solo per aver concesso qualche libertà sui diritti civili per accontentare l’occidente, non ne fa da parte mia una ragione per schierarmi a suo favore. Un burattino in mano agli USA, finanziato pure dall’Unione Europea per tenere a bada l’espansione cinese e russa in quel territorio. Insomma in questo gioco a scacchi sono intervenuti i talebani che hanno rovesciato tutta la scacchiera alla faccia delle regole del gioco. La teoria dei giochi vale solo se si condividono le regole, ma se come i talebani usano altri paradigmi sociali è inutile discutere, la presa per i fondelli dei negoziati in Qatar sta li a dimostrarcelo. Temporeggiavano e intanto avanzavano, una regola semplice e basilare in guerra che anche il più stolto dei soldati conosce. Adesso la sinistra cerca l’immagine più iconica di questa sconfitta liberal sempre inneggiando alla pace con le loro bandierine arcobaleno, invece la destra come un mantra adduce le ragioni della sconfitta al ritiro delle forze armate NATO. Due visioni complementari e altrettanto perdenti, quello che manca ancora è la visione del perché hanno vinto i Talebani. Da una semplice banda di criminali in nome di una spiritualità islamista si sono trasformati in un Emirato. Capire che la tanto stra vituperata parola libertà non significa nulla anzi un ca…o per alcuni popoli è difficile da comprendere alle menti fini basate solo sul semplice materialismo neoliberista. Aver voluto a tutti i costi eliminare dal pensiero occidentale i cosiddetti conflitti di religione o scontri culturali ha portato proprio a questo, a considerare una serie di valori come denominatore comune senza rendersi conto che sono solo delle condizioni dovute al benessere economico. La spiritualità talebana invece è ultra terrena e se ne infischia della libertà e di tutte le altre cavolate occidentali; che se poi la libertà è diventata quella di andare ai concerti per riprendere il cantante del momento con lo smartphone abbiamo molto, ma molto da preoccuparci. Non rinfaccio del disastro afghano solo alla sinistra, perché questo era scontato, ma soprattutto a un certo tipo di destra neoliberal e atlantista. L’aver dimenticato o aver voluto dimenticare le proprie radici storiche ha reso noi italiani un popolo servile e buonista, adatto a esportare solo ristoratori e pizzaioli e quel sentimento di accoglienza senza mediazione culturale. Un indottrinamento culturale che perdura dal dopoguerra sia a sinistra, ma soprattutto a destra. La destra adesso attacca Biden per il ritiro delle ultime truppe, ma guardate che l’egemonia culturale e spirituale talebana al di fuori della capitale Kabul non è mai stata sconfitta, il burqa non se lo sono mai tolto le donne afghane al di fuori di Kabul. Per cui quando si fa una descrizione dell’Afghanistan bisogna contestualizzare sempre in modo asettico e disincantato. Adesso col nuovo Emirato avranno gioco facile i cinesi nella ricostruzione di quel paese. I proventi derivanti dalle coltivazioni di oppio aumenteranno e verranno utilizzati per la ricostruzione del paese in modo da dare autorevolezza internazionale ai talebani come i nuovi emiri rispettosi e paladini del benessere del loro popolo e delle convenzioni internazionali. Lo stato laico tanto voluto dagli USA ha fatto la stessa fine dell’Iran. Gli USA hanno per l’ennesima volta scelto di sostenere la banda criminale sbagliata, e mi dispiace che l’unica volta che hanno avuto fortuna nel scegliere i criminali giusti sia stato quando sono sbarcati in Sicilia.
G.L.Cerere