La rubrica di PostaCerere 

A breve, non so con precisione quando, ma credo l’8 marzo dovrebbe essere la Festa della Donna. Oltre la smisurata retorica su tutti i giornali della carta stampata nazionale e locale, cosa ci dovremmo aspettare sotto le mimose? I trans urleranno alla discriminazione o si aggregheranno ai festeggiamenti? Ci dovremmo sorbire le frotte di ringalluzzite donne tagliandate dal chirurgo estetico alla ricerca dell’ultimo locale alla moda di strip-tease scimmiottando così il ruolo del macho? Oppure assistere alle solite pizzate tra amiche, che per l’occasione fanno sorrisi di convenienza, mentre si sono tradite con i rispettivi mariti? Come farci mancare i sempre eterni aperitivi serali nei locali alla moda di tutte le città trendy, a base di cocktail alcolici colorati e qualche salatino o patatina? E poi l’irrinunciabile frase buona festa della donna da parte dei mariti alla propria moglie con annessa mimosa? Sbagliate se pensate che sono misogino, tutt’al più misantropo quello ve lo concedo, ma sinceramente sono tutto l’opposto, amo le donne nella loro essenza femminile senza badare ai loro difetti e apprezzando i loro pregi. Odio il perbenismo e la falsa beatificazione che ne fanno i benpensanti e che stanno sulla bocca degli intellettuali della costituzione italiana, soprattutto l’otto marzo di ogni anno. Le trasmissioni televisive dell’otto marzo trasmesse dal miniculpop sono piene di melense donnine pseudo famose, dalle varie sfaccettature, con il compito di riempire ulteriormente la testa delle donne moderne di ricette culinarie light, di esercizi tonificanti per glutei e gambe, di tisane linfodrenanti dagli effetti miracolosi, di trucchi fondamentali per coprire le rughe e la ricrescita dei capelli, di come essere ancora piacenti e sessualmente attive a 70 anni, di come curare la cellulite con delle creme miracolose, e poi il must delle donne in carriera che conciliano casa e lavoro, ecc. Ecco questo non lo ritengo ne femminile ne femminista, è semplicemente un ritratto pittoresco stupido della società neoliberista. Non riuscire accettare se stessi, sia uomini che donne, per quello che siamo e festeggiare la propria identità di genere una volta all’anno, anche se per il resto dell’anno l’unico obiettivo è idealizzare se stessi, è l’evidente conclamazione del lavaggio dei cervelli di questa ideologia neoliberista del desiderio, del consumo mondano, del ribellismo estetico senza fini politici. Vivere l’oggi senza martellamenti mentali quotidiani su come si dovrebbe essere è la vera conquista femminile e non femminista. Trovo purtroppo assolutamente normale vedere tutte queste donne complessate dal nulla. Con questa continua sequenza di messaggi a modelli comparativi improponibili, la sconfitta diventa automatica, portando con se quel perenne senso di insoddisfazione o frustrazione. Di certo la responsabilità non è mai una causa effetto diretta, bisogna ricercarla in una serie di evoluzioni e cambiamenti sociali dal dopoguerra in poi che si sono plasmati in routine, abitudini, modelli culturali, atti legislativi, ecc., i quali hanno indebolito entrambe i ruoli di genere. Si perché la castrazione della “virilità” maschile è l’altro lato della medaglia del femminismo d’antan. Per cui è diventato normale che gli uomini vadano in giro con smalti colorati nell’assoluta indifferenza nel nome della libertà di sentirsi come ci si percepisce e non come si è. Purtroppo non ci sono soluzioni immediate per questo parossistico corto circuito mentale e sociale dei ruoli di genere. Per cui mentre l’otto marzo è diventato il giorno del liberi tutti del genere femminile, gli uomini castrati nel machismo e diventati utili idioti stanno fissi sul canale del martedì di coppa mentre i bimbi dormono.

G.L.Cerere 

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