La rubrica di PostaCerere
In questo momento dove la natura sta facendo il suo corso, mi viene spontanea la domanda, dove sono finiti i verdi alla Thunberg? Credevano di salire e invece si sono evaporati nel nulla. Questo perché il senso dell’ambientalismo globalista che si è sviluppato col movimento di Greta Thunberg lo si potrebbe riassumere essenzialmente con il modo di dire bolognese: “facile fare il busone con il culo altrui!”. Si perché valutiamo adesso a distanza di mesi e anni cosa hanno fatto tutti gli studenti scioperanti nei loro Friday for Future? Vediamo se le sardine o i classisti di sinistra radical chic che da subito hanno sostenuto la paladina verde si sono sporcati le mani di terra? Volevano cambiare il mondo con le loro belle parole e cosa hanno fatto nella realtà? Come sempre hanno scelto e fatto azioni egoistiche, narcisistiche ed individualiste. Visto che a scuola non ci vanno a causa del COVID e di conseguenza della DAD, di scioperare non gliene può fregare di meno. I radical chic invece visti i continui lockdown hanno preferito trasferirsi nelle loro seconde case a Capalbio o a Cortina in modo da evitare la plebalglia, e se proprio non avevano la seconda casa adesso sono lì a comprarsela visti gli andamenti del mercato immobiliare. Le sardine invece si sono date all’ambientalismo Made in Benetton. Insomma l’edonismo e il virtuosismo buonista di facciata ha come sempre prevalso nel variopinto mondo della sinistra e dei Verdi. Subito e prontamente capaci di colpevolizzare i poveretti che girano con il veicolo puzzone euro 2, mentre loro viaggiano con una supermilionaria barca in carbonio o con un veicolo elettrico. Oppure sempre pronti e disponibili a presenziare ai programmi TV per mostrare i loro amati animali domestici comprati in qualche allevamento e fregarsene dei gattili o canili pubblici. Figuriamoci se non si commuovono per la deforestazione dell’Amazzonia, ma poi contemporaneamente se ne fregano quando una legge urbanistica permette a loro di distruggere ettari di bosco per trasformarlo in prati o vitigni per i loro singoli e pruriginosi interessi. Il loro senso dell’ecologia è esclusivamente autoreferenziale, per cui nella migliore delle ipotesi si autocelebrano come viticoltori attenti all’ambiente che producono con agricoltura biologica, ma non dicono che per poter fare ciò hanno disboscato come e quanto stanno facendo in Amazzonia. Loro si devono sentire deresponsabilizzati per poter accusare gli altri. Per questo si occupano solo di tematiche ambientaliste a loro distanti e generaliste. A mio parere la natura è un argomento serio, ma soprattutto importante perché ci coinvolge tutti indipendentemente dal pensiero politico di destra o di sinistra. L’unica cosa che recrimino è che averlo lasciato solo alla sinistra è stato un errore che non si deve più ripetere, per questo si deve giornalmente agire in maniera consapevole e portarlo come uno degli argomenti prioritari della nuova destra italiana come ha fatto la Nouvelle droite francese. In Italia le riflessioni principali sull’ambiente sono di origine evoliana e rautiana, proprio da coloro che hanno sempre rigettato la dicotomia destra/sinistra, ma che hanno insistito nelle critiche al modello globalista/neoliberista. Sia la destra liberale, sia il marxismo invece invocano le forza e la capacità prometeica dell’uomo di trasformare la natura, di manipolarla, e con ciò di rigenerare sé stesso: il mito dell’uomo nuovo. Per questo nel nuovo ecologismo globalista della Thunberg io vedo il vero pericolo. Il vero ecologismo si fonda nella difesa delle identità locali, un ecologismo fondato sull’oikos, sulla comunità, che è sempre locale e piccola, ma soprattutto sempre prossima. Invece i gretini fanno leva sul presunto imprimatur dell’uomo sull’altro uomo dimenticando Dio, dimenticando che ogni qualvolta che l’uomo cerca di superare i limiti imposti da Dio, la reazione naturale, sia della società che dell’ambiente, è devastante. Bisogna implementare in tutte le azioni e politiche un nuovo ecologismo, come diceva il filosofo contadino Gustave Thibon in Ritorno al Reale: “Il rivoluzionario che uccide la tradizione non vale più del fariseo che la perpetua in maniera morta: qui si imbalsama, là si abbandona al forno crematorio, ma, in ambedue i casi, è su di un cadavere che si lavora.”
G.L.Cerere