Quest’anno la giornata del Ricordo non deve passare inosservata.
Nonostante vi sia una legge emanata dal parlamento che impone alle istituzioni di promuovere iniziative in tal senso nelle scuole, nei consessi amministrativi, nelle associazioni, nei luoghi di cultura e socialità non sono ancora sufficienti i “ minuto di silenzio”, bisogna parlare, spiegare e soprattutto ricordare.
Sembra però che il ricordo sia una cosa più complicata di quanto qualcuno possa immaginare. Non basta istituire una giornata ad hoc per riattivare una memoria interrotta, se non si va a spiegare e capire le ragioni di quella interruzione.
Il ricordo vero è un’altra cosa e la classe intellettual-mediatica italiana si guarda bene dall’accostarvisi, in quanto è, purtroppo, l’erede spirituale di chi infoibò, torturò, stuprò, cacciò i nostri connazionali, di chi non li fece scendere alle stazioni ferroviarie a cui giungevano dall’esodo, di chi gettava il latte destinato ai neonati affamati in terra, con gesto di scherno e sadismo, di chi ha imposto che per anni sulle foibe cadesse un velo di vergognoso silenzio.
Questi personaggi sono quelli che oggi si atteggiano a campioni di accoglienza dei profughi e sedicenti tali, nascondendo dietro al proprio falso buonismo lo stesso sentimento di odio anti-nazionale che hanno avuto contro gli esuli di Istria, Fiume e Dalmazia.
Questi nostri fratelli e connazionali non meritavano, per loro, l’accoglienza in quanto scappavano da un regime comunista, quindi, dal loro mondo perfetto, pertanto erano, semplicemente e sicuramente dei nazionalisti convinti che non meritavano compassione.
E’ questo che si sbaglia, solitamente, quando si parla di Foibe, molti ne fanno una questione politica, molti affermano che fu una “risposta” al fascismo. Non fu nulla di tutto ciò. Fù puro e semplice odio anti-italiano, odio etnico, non politico, tremenda pulizia etnica per giustificare, tra l’altro il furto di un territorio da sempre Italiano.
Così dopo aver lasciato per anni il ricordo in mano a un pugno di patrioti solitari e di esuli abbandonati al loro destino, che hanno tenuto viva la memoria per anni in mezzo all’indifferenza complice, oggi lor signori accusano quei pochi di aver strumentalizzato la storia.
Non scordiamo, del resto, che poco tempo fa una mediocre persona, paracadutata nella notorietà mediatica per non ben precisati meriti lanciò il tormentone “E allora le foibe?” (cosa semplicemente inconcepibile in relazione a ogni altra grande tragedia del Novecento) come a sottolineare che chi ha a cuore il martirio delle terre del confine orientale è forse troppo invadente, insistente, petulante, dovrebbe darsi una calmata.
Come se di foibe si parlasse in continuazione, come se l’argomento avesse ormai stancato, fosse un fatto assodato, come se non se ne potesse più. E forse, per alcuni, è così. Perché le foibe ricordano la loro eterna colpa e quindi quel nome è per loro insopportabile. Un motivo in più per continuare a pronunciarlo: e allora le foibe?
Per questi motivi che mettiamo tutto l’impegno a tener viva la memoria ed il ricordo, perché di Foibe e di Esodo si deve continuare a parlare per il rispetto e per non dimenticare mai chi ha versato il proprio sangue per il solo fatto di essere Italiano, Italiano due volte per nascita e per scelta.
Maurizio Puglisi Ghizzi
Comitato 10 Febbraio – Trentino Alto Adige