Bolzano, 19 dicembre – Ieri prima delle festività natalizie mi sono ritrovato a scambiarmi gli auguri con dei vecchi colleghi di lavoro dell’UGL, e parlando del più e del meno mi hanno chiesto cosa pensavo delle prossime elezioni comunali in Alto Adige. Tale riflessione la voglio esporre a tutti voi, ma soprattutto ai vertici delle maggiori formazioni politiche di destra perché sarebbe or ora di uscire dalle solite strategie fatte di personalismi e fazioni. Questo più che un articolo vuole essere un prontuario/manifesto per vincere le prossime elezioni del 3 maggio 2020. Il punto cardine è che le elezioni comunali non sono solo a Bolzano, Merano, Bressanone, Appiano e Laives, ma in tutti i 116 comuni dell’Alto Adige. Per cui quali sono i criteri per determinare una vittoria? Se uno la guarda a livello personalistico o di fazione, gli basta la rielezione sua e del suo clan in un qualsiasi consiglio comunale per poi fare della semplice opposizione, come è stato fino adesso ad eccezione di Laives. Se invece si intende con vittoria, come la intendo io, entrare non solo nei consigli comunali, ma anche negli assessorati allora il discorso si fa più tecnico. L’abc di una classe dirigente politica parte non dalla militanza in una qualsiasi formazione politica, ma da una istituzionalizzazione del proprio agire politico in modo concreto. Per fare questo perciò bisogna entrare in tecnicismi legislativi e per semplificare il discorso lo faro con un esempio concreto. La costituzione italiana e lo statuto di autonomia, la legge provinciale e i vari statuti comunali prevedono la tutela delle minoranze linguistiche, non si fa distinzione se la minoranza sia di un gruppo linguistico o altro, si tratta di minoranza linguistica. Prendiamo a caso un paesino di 3500 abitanti a maggioranza di lingua tedesca dove vengono eletti 20 consiglieri comunali. Se si presentano liste con esclusivamente candidati di lingua tedesca, gli assessorati andranno alla lista vincente. Ma se nello stesso consiglio comunale vi siedono due consiglieri del gruppo linguistico italiano allora il discorso cambia completamente. Nei vari statuti comunali, logicamente in base alla dimensione del comune è “d’obbligo”, ripeto “d’obbligo” nominare un assessore appartenente al gruppo linguistico italiani tra gli eletti nel consiglio comunale. Qui non c’entrano le volontà o le strategie politiche, lo stabilisce la legge. Pertanto se in quel fantomatico paese ci fosse una lista con solo candidati italiani e con solo due eletti uno dei due dovrebbe per legge fare da assessore. Voi penserete, fare l’assessore in un piccolo comune, magari disperso su tra i monti non ha la stessa nomea di fare il consigliere a Bolzano o Merano. Nulla di più sbagliato. Primo, fare l’assessore in un piccolo paese fa entrare la persona negli ingranaggi veri della politica, dove si maneggiano soldi e bilanci comunali; secondo perché facendo il consigliere comunale a Bolzano non si vive col gettone di presenza, ma fare l’assessore in quel fantomatico paese si guadagna da poter vivere di politica, circa tra i 1.200 € e i 1.500 € al mese. Chiaro adesso perché la SVP, ha più paura di perdere nei 110 piccoli comuni dell’Alto Adige che nei grandi centri del fondovalle. È una semplice questione di capacità economiche. Avendo in mano la giunta provinciale, la SVP può comunque condizionare le politiche della città capoluogo e dei altri centri. Ma perdere magari 40 assessori in tutto l’Alto Adige nei piccoli paesi solo per una norma, tocca maggiormente il nervo scoperto se poi si pensa che sarebbe l’equivalente di 2.880.000 € in meno nelle tasche dei politici targati SVP. Allora se si condivide questa strategia come fare per raggiungere questo risultato? Beh, innanzitutto la logica a clan deve scomparire, se non si fa questo non se ne fa nulla. Ma cosa intendo logica a clan? Prendiamo sempre quel fantomatico paese di 3500 abitanti su per i monti. Il vero problema nel presentare una lista di lingua italiana sta nel raccogliere le firme, si perché la concezione politica nel mondo di lingua italiana fa molto riferimento alle logiche nazionali e per presentare una lista bisogna raccogliere le firme. Allora che fare? Semplice, presentare in tutti i 110 piccoli comuni dell’Alto Adige il simbolo di una lista presente in Consiglio Provinciale. Le formazioni politiche presenti in consiglio provinciale non hanno bisogno di raccogliere firme, ma semplicemente di presentare simbolo e lista alla segreteria dei singoli comuni, nulla di più. Per cui quando al momento delle elezioni gli elettori si troveranno sulla scheda per la prima volta alle elezioni comunali di quel fantomatico paese di 3500 abitanti non più solo esclusivamente la lista SVP, ma anche una lista italiana presente in consiglio provinciale, non dico in automatico, ma il maggior flusso degli elettori di lingua italiana confluirà sul simbolo alternativo alla SVP. L’importante è che i candidati siano esclusivamente del gruppo linguistico italiano. Uno potrebbe dubitare sul numero degli elettori di lingua italiana, unico consiglio che gli posso dare è quello di guardare i risultati delle ultime elezioni nazionali. Provate ad immaginare un assessore di lingua italiana, magari targato centro destra a Nova Ponente, Nova Levante, Castelrotto o addirittura a Fiè allo Sciliar, sarebbe una sconfitta maggiore di perdere l’assessorato all’urbanistica di Bolzano, credetemi. Quindi la strategia politica dovrebbe essere quella di incontrarsi presentare lo stesso simbolo con almeno 2 candidati in tutti i piccoli comuni dove fino adesso non c’è mai stata una alternativa nella scheda elettorale e dove i numeri ne possono permettere l’elezione. Io ho gettato il sasso nello stagno ora sta a dei veri sommozzatori della politica provinciale raccoglierlo per riportarlo in alto. Ma se invece si continuerà a spartirsi le briciole di Bolzano, Merano e gli altri centri la situazione a livello provinciale non cambierà mai.
G.L. Cerere 
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