Bolzano, 19 apr – Inutile negarlo. Ogni qual volta un profilo, una pagina, un gruppo su un social network viene chiuso per svariati motivi, ci si scatena gridando alla censura e all’impossibilità di quanto garantito (per lo meno in Italia) dalla costituzione italiana: la libertà di pensiero e di espressione.
Un articolo questo, della costituzione italiana, che troppo spesso però vediamo vìolato non solo sui social network in generale ma anche nella vita quotidiana dove avere un pensiero diverso dal “politicamente corretto” porta automaticamente alla gogna o ad essere tacciati per populisti.
Internet e la rete in generale in questi anni ci ha convinto falsamente che poter esprimere sé stessi senza alcun tipo di censura fosse non solo possibile, ma d’obbligo. Salvo poi ripensarci e iniziare a mettere paletti qua e là sulle diverse piattaforme che hanno portato ad una sorta di “pulizia” totale non permettendo agli utenti quella libertà tanto ventilata in tempi discretamente lontani allorquando molti di noi si sono iscritti ai vari social.
Sebbene in certi casi la chiusura di alcune pagine e profili fosse stata non solo giustificata ma necessaria, in altri ci si è resi conto di quanto stringenti e ingiustificate si siano rivelate queste norme.
Per non parlare poi dell’amara sorpresa quando si scopre il proprio profilo o pagina è stata cancellata: tutti i contenuti (dal primo all’ultimo) persi per sempre senza possibilità di recupero (se non per via legale intraprendendo un’ardua cavalcata verso la contestazione con Facebook).
Twitter, da parte sua, ha certo le “maglie” della censura più larghe. Ma anche la piattaforma del “tweet” non si risparmia in profili bloccati o cancellati. Certo è evidente, a livello di fruizione, impossibile da paragonare al principale concorrente Facebook. Uno degli ostacoli maggiori di Twitter rimane ancora il limite dei caratteri a disposizione.
Dopo questa analisi è bene sottolineare e non dimenticare che tutte queste piattaforme sebbene professino la libertà individuale degli utenti, con la possibilità di caricare e scrivere contenuti, sono comunque di proprietà di persone o società le quali hanno sempre il controllo ultimo su ciò che è possibile o non possibile fare.
La tanto paventata “libertà” è quindi solo un miraggio. E arrabbiarsi scoprendo il proprio profilo o pagina è stata chiusa… inutile. Il proprietario ha dettato legge e tu, semplice ospite, ti devi adeguare. Un po’ della serie: “se ti va bene così ok, altrimenti quella è la porta”.
Decisamente non in dubbio poi la volontà da parte di questi social network di “educare” gli utenti. Un po’ come a scuola, quando ci insegnavano le varie materie… in questo caso, per non rischiare il “ban” o la chiusura, dobbiamo essere bravi ad imparare cosa scrivere, come scrivere, quali foto posso postare e quali no, quali articoli posso postare e quali no, quali movimenti posso seguire e quali meglio di no, quale gergo posso usare e quale no, quale politica posso seguire e quale meglio di no e via dicendo…
Insomma, per proseguire ad esistere su questi social, gli stessi ti consigliano di adeguarsi al pensiero comune fatto di politically correct. Nel mentre, noi, non smettiamo di foraggiare con campagne pubblicitarie, sponsorizzazioni e via dicendo, gli stessi che limitano la nostra libertà di pensiero e di espressione.
Quale dunque l’alternativa per essere davvero liberi di esprimere sé stessi? Ad oggi quasi nessuna. Potreste aprirvi un blog ma sempre consci della possibilità che questo venga chiuso dall’alto in casi solo ed esclusivamente gravi.