Bolzano, 7 maggio – Ma cosa significa cultura? La domanda si impone in maniera forte e decisa in questo momento in cui alcuni autori quali Wu Ming, Carlo Ginzburg, Zerocalcare, Roberto Piumini, Salvatore Settis e Tomaso Montanari hanno deciso di non partecipare al salone del libro di Torino. Cultura è apertura mentale e non negazionismo di ciò che non piace. La libertà di non partecipare al Salone del Libro è un chiaro esempio di democrazia come pure quello di aprirsi verso forme editoriali che mettono in dubbio verità che fino ad ora sembravano assodate. Il manicheismo di una parte culturale italiana ne è un chiaro esempio.
La presenza della casa editrice Altaforte, libreria presente anche a Bolzano in piazza della Vittoria, è la prova che il mondo culturale sta maturando: l’eterogeneità della scelta sta aumentando e la possibilità del lettore di spaziare su ogni argomento sta aumentando. Fa paura sapere che chi legge i libri non è solo una parte della popolazione ma anche altri?


Mentre a scuola si obbligava a leggere Primo Levi, leggevo Alekdander Solzenicyn (siamo nel 1980) e ho scoperto che gli orrori dei nazisti sono stati usati alla stessa maniera nella Russia comunista. Mentre vi era la consapevolezza degli orrori perpetrati nei campi di concentramento tedeschi ho scoperto solo negli anni 80 le foibe italiane.
Quante volte ha scritto lo storico Carlo Ginzburg sulle foibe? Andiamo a chiedergli cosa ne pensa del film “Rosso Istria” in cui si descrive il martirio di Norma Cossetto. Ci si accorgerà di come definì la famiglia Cossetto “convintamente fascista e collaborazionista”.


Ebbene sì, c’è bisogno di cultura a largo spettro, di sapere cosa è davvero accaduto prima, dopo, durante il periodo fascista e subito dopo.
Chiediamo a colleghi insegnanti, ma anche a molti studenti liceali, cosa è la carta del Carnaro: molti non sapranno rispondere eppure essa è descritta in maniera approfondita all’interno dei libri diffusi dalla casa editrice Altaforte.
Gli autori che non parteciperanno al Salone del Libro sono dei grandi letterati, che stimo per quello che hanno fatto, ma che non apprezzo perché insensibili alle istanze necessarie e inderogabili di conoscere.

Prof. Francesco Bragadin

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