Come riporta un articolo di un paio di giorni fa sul quotidiano Avvenire, più di 10 Stati appartenenti agli USA avrebbero redatto una classifica di casi ai quali dare la precedenza o meno in caso di necessità della terapia intensiva e a sua volta dei respiratori.

Fanno paura i criteri con cui si decide chi salvare e chi no, nello stato di Washington come anche in Tennessee, Alabama, Colorado, New York, Oregon e Utah, i medici sono tenuti a valutare il grado di abilità fisica e sopratutto intellettiva prima di poter intervenire o meno per salvare una vita.
In Minnesota la cirrosi epatica, le malattie polmonari e gli scompensi cardiaci saranno quelle patologie che toglieranno ai malati di coronavirus la possibilità di avere un respiratore, il Michigan darà la precedenza ai lavoratori dei servizi essenziali.

Criteri che hanno gettato nell’indignazione e nella paura decine di associazioni statunitensi per i diritti dei disabili oltre che ovviamente ai disabili stessi.
Anche il sottoscritto in qualità di presidente di Impavidi Destini si trova sconvolto da una situazione che relega le persone disabili a cittadini di serie B.
Tutto ciò non solo venendo meno al giuramento di Ippocrate ma anche alla convenzione sui diritti delle persone con disabilità redatta dall’Onu di cui fanno parte anche gli USA.

La convenzione infatti stabilisce di promuovere, proteggere e di garantire il pieno e uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà promuovendo il rispetto per la dignità umana.

Pare invece, alla luce di questi fatti, che in questi stati si sia deciso che in questa situazione sanitaria, le persone disabili possano essere sacrificabili e che in taluni casi la loro vita non sia importante, non tanto quanto quella di altre persone, o che abbia meno valore nella società.
Approfondiremo il discorso mercoledì 1 aprile nella trasmissione Abil-Mente, che andrà in onda su Radio Bandiera Nera dalle ore 11.00 alle 12.00.

Fulvio Cobaldi

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