Allarmi! Allarmi! Dove sono finiti gli elettori? Adesso il mantra di vincitori e sconfitti delle ultime elezioni comunali è: che fine hanno fatto gli elettori? Con delle affluenze medie appena sopra il 50%, adesso si iniziano a preoccupare delle pecore che sono uscite dal recinto. A commento delle elezioni europee del 2019, io lo avevo già scritto che la situazione elettorale era preoccupante e avevo anche detto il perché della disaffezione. Non mi piace fare la Cassandra, anche perché fece una brutta fine, ma purtroppo nel bene e nel male so leggere le reazioni delle persone così da capire che gli ultimi 10 anni di governi tecnici non possono far altro che disaffezionare l’elettorato. Ma la ragione non sta mai da una sola parte, ci sono sempre una serie di concause che sommandosi portano ad un risultato. Non è mai tutto lineare e semplice come ci vogliono far credere. Il dato preoccupante però è che i non votanti si ritrovano principalmente nel cosiddetto blocco delle periferie o diciamo di chi è distante dal potere. Una teoria vecchia e ben nota quella dell’elitismo della politica. Max Weber, Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca e soprattutto Robert Michels durante gli anni 20 del secolo scorso, agli albori dei sistemi democratici elettorali avevano già identificato i limiti della democrazia. Il sistema rappresentativo secondo loro è una falsa leggenda, perché non siamo noi che votiamo i rappresentanti, ma sono loro che si fanno eleggere da noi. Pertanto alla maggior parte dei cittadini non importa nulla dello stato, figuriamoci poi delle vicende istituzionali. Pertanto il vero ed unico scopo della classe politica non è quella di sostituirsi nell’interesse del popolo, la cosiddetta alternanza che ci propugnano dalla mattina alla sera, ma creare una amalgama fatta di cooptazione e intrallazzi per non perdere mai il potere. Se ne deduce che il trasformismo non è una appendice, ma una vera e propria forma in cui lo scopo dell’opposizione parlamentare non è sostituire la precedente, ma di amalgamarsi. Le élite al potere si organizzano in modo da mantenere a lungo la propria posizione e tutelare i propri interessi, anche utilizzando tutti i mezzi pubblici a sua disposizione e uno di questi sono anche le votazioni. Se poi volessi essere veramente una Cassandra aggiungo che i movimenti popolari non valgono nulla, perché chi li guida abbandona la massa e viene assorbito dalla classe politica, basta vedere l’ultimo esempio di Sartori con le Sardine, inoltre non è vero che ad una rivoluzione seguirà un regime democratico, la storia è li a dimostrarcelo. Si capisce adesso che finite le ideologie e i partiti di massa sperare nelle votazioni per cambiare qualcosa non ha fatto bene i conti col sistema del politico attuale. Questo non ha nulla a vedere col ragionamento della destra contro la sinistra, sia chiaro, perché la sinistra di adesso è quella che fa il pugno chiuso dal balcone del salotto e la destra è invece quella che invoca la libertà in nome della costituzione, un cortocircuito completo. Il neoliberismo multiculturale è questo, nulla più, è riuscito a liquefare i confini, le diversità, le specificità e ha creato questa amalgama maleodorante e sgradevole, in nome del dio denaro. Che vinca o perda Salvini, che vinca o perda la Meloni, che vinca o perda il Pd, che vinca o perda il M5S, non cambia di un millimetro il paradigma sociale, tutto rimane indissolubilmente uguale. Allora perché meravigliarsi per la disaffezione dell’elettorato? Forse non lo avete capito, ma è solito gioco delle parti, adesso si deve mostrare meraviglia, ma tra un mese si sono già dimenticati di tutto, altrimenti avrebbero dovuto fare qualcosa ad ogni tornata elettorale visto l’andamento dell’ultimo ventennio. In conclusione posso solo dire di essere d’accordo con Gaetano Mosca nell’accettare solo il regime parlamentare, ma continuo a rifiutare energicamente ed ostinatamente la democrazia sia formale che sostanziale.

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