La città di Trieste, oggi, in questi travagliati tempi dettati da virus e Greenpass, è tornata alla ribalta delle cronache per le proteste di migliaia di portuali e lavoratori che si oppongono al cosiddetto passaporto verde. Trieste però ha una lunga storia da raccontare; una storia che, come oggi, l’ha sempre trovata indomito baluardo più orientale d’Italia. A duro prezzo, avvolto nel martirio, dalla prima alla seconda guerra mondiale, l’orgoglio italiano del popolo triestino non si è mai piegato all’oppressione straniera. Nemmeno quando fu incatenata dall’impero austroungarico, nemmeno quando fu divisa, contesa, o infoibata tra potenze internazionali e regimi totalitari comunisti slavi.
Qui, in questa bellissima Piazza Unità d’Italia che oggi manifesta contro l’ennesima privazione della libertà, in questo medesimo giorno del 1954 entrarono i fanti e i bersaglieri italiani sbarcati al Molo Audace dalle navi della Marina Militare. 67 anni fa, dicevamo, i soldati italiani entravano a Trieste per la prima volta dopo dieci anni, liberandola dall’occupazione jugoslava e britannica, e riconsegnandola alla Patria. Da quel 26 ottobre la città giuliana si liberò finalmente dei comunisti titini e della comunità internazionale, tornando a fare parte dell’Italia al termine di un complesso contenzioso iniziato con la fine della Seconda Guerra Mondiale che aveva diviso Italia e Jugoslavia e che avrebbe portato quasi duecentomila italiani a vivere in territorio slavo. Con il Trattato di Parigi del 1947 Trieste divenne una città stato indipendente, sotto la protezione delle Nazioni Unite, con il nome di “Territorio libero di Trieste” (TLT). Il territorio fu diviso in due zone amministrative: la Zona A che includeva la città di Trieste veniva temporaneamente amministrata dagli Angloamericani e la Zona B che comprendeva la costa istriana settentrionale, temporaneamente amministrata dall’esercito jugoslavo. Dopo una lunga scia di proteste sfociate anche in duri scontri contro le forze dell’ordine anglofone, con il Memorandum di Londra, nel 1954, l’amministrazione della Zona A tornò finalmente all’Italia in sostituzione degli eserciti angloamericani. Guardandola oggi con fierezza in queste giornate di gabbia pandemica, trovandola ancora in piedi, ritta davanti a nuovi nemici e minacce per difendere la propria libertà, speriamo che, come in passato, riesca ella nuovamente a incendiare il cuore di troppi italiani arrendevoli e assopiti tra consumismo e ipocondrie mediatiche.
Eviva Trieste! Evviva l’Italia!
Andrea Bonazza