La rubrica di PostaCerere

L’Europa non esiste! Esistono nazioni appartenenti all’Unione Europea, ma l’Europa intesa come soggetto politico non esiste. Esistono interessi economici racchiusi in questa sgangherata aggregazione, ma in definitiva l’Europa dei popoli, delle fratellanze, della solidarietà e chi più ne ha più ne metta, non esiste e non è mai esistita. Bisogna farsene una ragione e questo lo rimarco per chi a destra ha sempre dato una strizzatina d’occhio a quell’idea di unità nella diversità, noi non siamo gli Stati Uniti d’America. La mia è una censura completa e assoluta contro il pensiero del sistema Europa ed ogni sua seppur piccola aspirazione di poter trovare alleati o cooperanti in un territorio che per storia è stato diviso per secoli, con popoli che si fronteggiato in guerre e poi si pacificavano per brevi periodi ed infine raggruppato sotto un’unica bandiera blu con stelle gialle, per volontà di un’altra bandiera, quella a stelle e strisce. Forse alcuni se lo sono dimenticato, ma l’Italia è una nazione, e come sua aspirazione legittima è quella di competere per l’egemonia e non di subire le imposizioni di altri stati che siano in Europa o oltreoceano. La nazione Italia deve competere a pieno diritto come tutte le altre nazioni all’egemonia mondiale sia essa politica, economia e sociale per i suoi cittadini. Invece di pensare a questo cosa fanno i nostri rappresentanti politici a Bruxelles, cioè il pluridecorato Draghi, accettano il diktat di Germania, Polonia e Ungheria (“l’amica” Ungheria per molti), di esentare dall’embargo del petrolio russo l’oleodotto Gruzhb. Incredibile, se ci fosse stata una soluzione da non scegliere era proprio questa, ma invece proprio questa è stata quella scelta. Dopo l’unificazione della Germania a spese dell’Unione Europea, dopo l’allargamento sconsiderato ad est per volontà della Germania, dopo la miriade di finanziamenti ai paesi dell’est, dopo l’entrata in vigore dell’euro con un cambio sfavorevole per l’Italia, dopo la miriade di regolamenti e normative europee più insulse ed economicamente sfavorevoli per l’Italia (una su tutte la grandezza delle vongole), dopo le masochistiche sanzioni post Crimea alla Russia, dopo il patto di stabilità in costituzione… mi fermo qui per non trascendere, cosa facciamo? Permettiamo che la Germania con i suoi stati satellite, Polonia e Ungheria facciano ancora da locomotiva economica assieme a Francia e Spagna, mentre noi ci sobbarchiamo la maggior parte dei costi dell’embargo alla Russia. Se Caporetto è stata una disfatta militare, questa è un completo disastro economico che avrà delle conseguenze irreversibili. Rimarco il concetto IRREVERSIBILI, e vi spiego economicamente il perché. Partiamo da un dato incontrovertibile, tra i G20 a parte Russia e Argentina considerate in default, l’Italia è quella che ha il rating più basso cioè BBB, insieme a Indonesia e India, ci supera perfino la Turchia con B+, poi figuriamoci cosa può avere la Germania AAA. Quindi perché si dovrebbe investire in Italia? Secondo dato incontrovertibile dal 2020 ad oggi c’è stato uno scostamento di bilancio di 200 miliardi di euro, l’Italia ne ha chiesti altri 200 extra deficit, che ovviamente gli sono stati negati, a dir la verità c’è stato “raccomandato” di evitare, per non aumentare il deficit così da poter accedere ai fondi del PNRR, trattasi sempre di ricatto in termini burocratesi. Comunque ricordo a tutti che il PNRR è altro debito, verso l’Europa. Anzi io aggiungo, per fortuna che lo hanno negato, non perché sia contrario in assoluto al debito pubblico, ma perché il debito pubblico italiano non lo abbiamo in tasca noi, come era negli anni 80, ma le altre potenze straniere, chiaro! In tutto questo ci sono altri tre elementi economici che ci dicono che siamo in recessione. Il primo è il PIL pro capite, calato in un anno dell’-8,6%, è passato da 29.839,46 € a 27.272,13 €. Significa minor potere d’acquisto per le famiglie italiane. Secondo elemento inconfutabile è il tasso di crescita del primo trimestre calato dello -0,2 contro il precedente che era aumentato dello 0,7. Andiamo avanti con l’inflazione che ad aprile ha raggiunto il 6,5%, che poi non ci vuole un economista per capire che il carrello della spesa è aumentato. Provate voi stessi a fare raffronto di un qualsiasi prodotto rispetto a 4 mesi fa e vi rendete conto subito. Ve ne faccio uno io ad esempio, un litro di latte a lunga conservazione 4 mesi fa in un discount si aggirava tra i 0,50 e i 0,55 al litro, ora meno di 0,65 al litro non lo trovate, figuratevi per altri prodotti. Ma torniamo agli indici macroeconomici. Secondo le previsioni più ottimistiche comunitarie, l’economia italiana dovrebbe crescere tra il 2,4 e il 1,9% (le stime precedenti parlavano di +4,1 e di +2,3%), per cui in tutto questo scenario economico non c’è da meravigliarsi se Draghi ha calato le braghe a Bruxelles. Il coltello dalla parte del manico non lo aveva lui, anzi pieno di frustrazioni tornerà in Italia per far ingoiare a noi italiani altre pillole amare, tipo la rivalutazione catastale (anche se in alcuni casi è giusta) oppure la Bolkenstain per i tassisti e gli NCC. Ma altri elementi non propriamente economici bensì demografici ci dovrebbero fare allarmare. La decrescita della popolazione italiana di circa 150.000 persone all’anno e l’invecchiamento della popolazione non ci possono permettere dei livelli di crescita economica per come è così strutturata adesso l’economia italiana, cioè a basso valore aggiunto sul prodotto. Sembra banale dirlo, ma credo che gli economisti non lo capiscano che aumentare l’occupazione con camerieri e lavapiatti è diverso che aumentarla con stabilimenti chimici che lavorano il silicio. Nell’industria manifatturiera oltre ad un percorso formativo maggiore il valore aggiunto del prodotto finito è notevolmente maggiore, a forza del maggiore investimento iniziale. Per cui l’aver trasformato l’economia italiana da potenza industriale a stabilimento balneare per le economie del nord europa non è stata un idea geniale dei governi italiani. Difatti come conseguenza esportiamo personale ad alta specializzazione ed importiamo attraverso lo stretto di Sicilia manovalanza a basso costo, per lavori sottopagati se non schiavizzazioni vere e proprie. Insomma la deindustrializzazione del paese voluta sempre dall’europa ci ha portato ad avere una regressione del valore aggiunto sul prodotto finito. Difatti il solo leit motiv che gli imprenditori italiani sanno dire è quello di avere più immigrati per sopperire alla carenza di manodopera italiana che poi ci pagano pure le pensioni, ma poi siccome non trovano manodopera qualificata delocalizzano verso l’europa dell’est con i fondi europei. Invece gli imprenditori dovrebbero puntare il dito sul fatto che attualmente è diventato impossibile fare industria vera e propria a causa dei vincoli europei e dai costi dell’energia. Il pensiero medio di come far sviluppare il paese si è trasformato verso il basso in tutti i settori a gli ambiti dell’economia italiana. Sembra che il massimo dell’aspirazione di un giovane italiano sia quello di aprire un chiringuito o di diventare un cuoco famoso. Non che io abbia nulla contro gli stabilimenti balneari e la loro liberalizzazione al mercato, ma sembra alquanto paradossale dare così tanta risonanza mediatica ad un unica categoria per circa 30.000 piccole imprese quando nel giro due anni con la pandemia del Covid-19 sono cessate circa 200.000 attività commerciali (dati Confcommercio) in tutta Italia. Bisogna fare bene mente locale con i numeri se si vuole essere oggettivi e pragmatici per risolvere i veri problemi economici dell’Italia e non farci trascinare situazioni paradossali. Insomma come avevo precedentemente scritto IRREVERSIBILE non è solo la situazione attuale, ma soprattutto la direzione presa dall’economia italiana.

G.L.Cerere

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