Bolzano, 6 febbraio – Robert Brasillach non si è sottratto all’impegno militante del collaborazionista, nel segno del nuovo ordine europeo annunciato dal fascismo. Non siamo certo qui a negare come altri gli atti di coraggio o le “colpe” che coinvolgono la storia degli uomini europei che vissero i tempi andati. Con questo articolo anzi, vogliamo cantare le lodi di chi non si arrese, non cambiò bandiera e, anzi corse cavallerescamente incontro alle proprie responsabilità con rara e coraggiosa coerenza. A difesa dei propri ideali, Brasillach, nel carcere di Fresnes dove, scriveva una puntigliosa memoria difensiva; il suo pensiero va al “fratello dal collo mozzato”. Gli dedica infatti un saggio che porta a termine, “con la morte in faccia”, il primo febbraio del 1945, e che è come un ponte tra due destini, un attestato di amicizia tra giovani idealisti, un’occasione per parlare e ascoltare all’insegna delle affinità elettive. Da vinto a vinto.
Brasillach, scrittore e critico cinematografico aureolato di grande stima nella Francia tra le due guerre, è convinto delle sue ragioni e delle sue scelte. Compiute tutte in nome della Francia, delle sue tradizioni e del suo destino, e non contro. Non ho tradito il mio Paese, sostiene. Ma, al pari di tanti francesi, angosciati per la “morte della Patria” dopo la sconfitta del ’40, ho creduto e mi sono battuto per la sua resurrezione. Nel segno della collaborazione franco-tedesca, come garanzia di una nuova politica nella nuova Europa. Quella che non vuole né i russi né gli inglesi né gli americani. Insomma, né i capitalisti né i comunisti. Mentre i gaullisti sono patrioti con cui ci si potrà riconciliare, “fratelli” che oggi ti condannano, ma domani comprenderanno i tuoi buoni argomenti.
Intanto, però i “fratelli” celebrano la “sacra rappresentazione” del processo e della condanna a morte di Brasillach. Siamo di fronte, come ben messo in evidenza da Trevi, ad una “cerimonia espiatoria”, ad una “convocazione forzata della letteratura sul duro terreno della responsabilità”.
Processare Brasillach, scrittore e critico cinematografico noto e ammirato; respingere la domanda di grazia sottoscritta da Valéry, Mauriac, Claudel, Camus, Anouilh, Cocteau, Colette ecc.; condannare a morte il fascista, l’antisemita, il collaborazionista che ha scritto articoli feroci contro gli Alleati e la Resistenza, significa dare un esempio. Ecco: l’intendimento è quello dell’esempio a futura memoria. E Brasillach non si sottrae a questa logica. Anche lui è impegnato a dare un esempio. E lo fa, con la tensione idealistica del Memorand um e di lì a poco offrendosi al plotone di esecuzione con dignitosa fierezza e con il “lascito” della “bella morte”. Al grido di “Viva la Francia”. Ma non c’era, e non c’è nemmeno oggi, una sola Francia, col cuore che batte per una memoria condivisa. Lo stesso vale per l’Italia e l’Europa. Forse perché c’è ancora tanto da capire e da raccontare. https://www.iltempo.it/cultura-spettacoli/2014/03/20/gallery/brasillach-la-fucilazione-di-unidea-932487/
Vi lasciamo con le parole della più famosa poesia di Robert Brasillach, caduto il 6 febbraio del 1945, per la Francia e per l’Europa…
“Il mio paese mi fa male per le sue vie affollate,
per i suoi ragazzi gettati sotto gli artigli delle aquile insanguinate,
per i suoi soldati combattenti in vane sconfitte
e per il cielo di giugno sotto il sole bruciante.
Il mio paese mi fa male in questi empi anni,
per i giuramenti non mantenuti,
per il suo abbandono e per il destino,
e per il grave fardello che grava i suoi passi.
Il mio paese mi fa male per i suoi doppi giochi,
per l’oceano aperto ai neri vascelli carichi,
per i suoi marinai morti per placare gli dei,
per i suoi legnami troncati da una forbice troppo lieve.
Il mio paese mi fa male per tutti i suoi esilii,
per le sue prigioni troppo piene, per i suoi giovani morti,
per i suoi prigionieri ammassati dietro il filo spinato,
e tutti quelli che sono lontani e dispersi.
Il mio paese mi fa male con le sue città in fiamme,
male contro i nemici e male con gli alleati,
il mio paese mi fa male con tutta la sua giovinezza
sotto bandiere straniere, gettata ai quattro venti,
perdendo il suo giovane sangue in rispetto al giuramento
tradito di coloro che lo avevano fatto.
Il mio paese mi fa male con le sue fosse scavate,
con i suoi fucili puntati alle reni dei fratelli,
e per coloro che contano fra le dita spregevoli,
il prezzo dei rinnegati piuttosto che una più equa ricompensa.
Il mio paese mi fa male per la sua falsità da schiavi,
con i suoi carnefici di ieri e con quelli di oggi
mi fa male col sangue che scorre,
il mio paese mi fa male. Quando riuscirà a guarire?”
Robert Brasillach
31-03-1909 – 06-02-1945