Bolzano, 26 aprile- Vedere sventolare il Tricolore è sempre una bella sensazione, mi apre il cuore soprattutto quando lo vedo bello esteso da un vento leggero che arriva da sud. Vederlo appeso sui balconi e sui pogioli mi ferisce e mi fa imbufalire. Viene appeso alla stregua di mutande e canottiere. Il tricolore è una bandiera, un simbolo patrio da custodire ed ammirare. Non un cencio qualunque da esporre quando i benpensanti di turno tronfi di retorica buonista e qualunquista dicono di farlo. Difatti gli stessi che lo appendono ai fili dei panni, solamente nelle feste comandate non hanno l’accortezza di capire il perché e soprattutto come lo fanno. Si trincerano sempre sotto la solita logica dell’odio verso qualcuno. Un odio verso chi magari ha combattuto ed è morto proprio per difendere i confini nazionali.
Il 25 aprile sembra esserne l’archetipo per antonomasia. Una festività nazionale di parte dove le parole d’ordine cambiano di anno in anno, e così annualmente le celebrazioni sono diventate attacchi agli avversari politici di turno. Quest’anno il leit motiv, in vista delle imminenti elezioni europee, era ricordare il 25 aprile attaccando il sovranismo, il populismo, l’antieuropeismo, ecc, in pratica come ogni anno sempre contro il non conforme o il diversamente pensante. In tutte le esternazioni retoriche dei politici locali non sentirete mai le parole Italia, Patria, Nazione, Sovranità, Famiglia, Figli, Futuro. Non fa bene al popolo ricordare che esistono dei valori inviolabili legati proprio alla simbologia del Tricolore Italiano. Bisogna svilire il popolo per renderlo docile e succube alla loro pseudo democrazia fatta di finanza, di intrighi di palazzo, di libero mercato, di usura e di tutto quello che ha portato proprio il 25 aprile. Si perché col 25 aprile è iniziata una occupazione anglo-americana fatta in nome del Dio Denaro, dove il loro unico fine era quello di riprendersi una egemonia economica che l’Italia orgogliosamente e con grandi sacrifici era riuscita a riconquistarsi dopo secoli di occupazioni straniere, facendo degli italiani un popolo unito e coraggioso. Molti di voi, proprio la domenica prima a Pasqua, magari riuniti in famiglia avevate consumato una fetta di colomba a fine pasto come simbolo di unione e di pace. Ecco quella fetta ha una sua storia che inizia proprio nel tanto odiato e rinnegato dal 25 Aprile, Ventennio. Si, perché proprio in quel periodo il dolce della colomba venne creato come simbologia unificante di un popolo. Fino a quel periodo non esisteva un dolce pasquale tipico nazionale, ma semplicemente ogni regione aveva una sua tradizione locale. Il pensiero forte volle invece che si superassero le differenze per diventare un popolo, una nazione con valori condivisi di amore. Sono passati più di 74 anni e si fa fatica ancora ad amare la propria nazione, si vede proprio che la storia la scrivono sempre e solo i vincitori.
G.L. Cerere