La rubrica di PostaCerere
Il giornalismo investigativo è quel settore della pubblica informazione che dovrebbe cercare le piccole, ma anche grandi contraddizioni della società. Non necessariamente ci devono essere dei reati, a quelli teoricamente ci dovrebbero pensare i giudici e i magistrati, ma sembra che siano più impegnati a fare politica partitica che l’interesse della giustizia e quindi della pace sociale. Nella nostra perfettissima provincia di Bolzano non è mai esistito un giornalismo investigativo per diverse ragioni: finanziamenti all’informazione, proprietà dei mezzi di informazione, commistione tra politica e giornalismo, ecc; insomma tutta una serie di fattori che sommandosi hanno fatto si che tutto potesse essere nascosto sotto il tappeto dell’ipocrisia diffusa. Facciamo un esempio, se io dico SaniPro a voi non dice nulla, se vi dico UniSalute anche questo non vi dice nulla, anche se dovrebbe dirvi qualcosa visto che le state pagando voi con le vostre tasse e, in un momento come questo dove il sistema sanitario italiano ha mostrato tutti i suoi limiti, dovrebbe farvi incazzare ancora di più; anche se poi in realtà il sistema sanitario non è più nazionale, qui da noi provinciale e nel resto d’Italia regionale.
Partiamo dall’inizio per farvi capire con precisione di cosa stiamo parlando. Lo premetto sin da subito in tutto questo non c’è nessun tipo di reato, anzi è tutto sotto la luce del sole e forse proprio per questo chi non indossa gli occhiali ne rimane abbagliato, però dimostra come una certa politica, finanza, sindacati e partiti siano loro stessi gli artefici del sistema attuale senza essersi sporcati le mani. A mia memoria di sindacalista, circa 20 anni fa quando iniziarono i tagli lineari da parte di tutti i governi sulla sanità pubblica, fino allora fiore all’occhiello dello stato italiano, nel mondo sindacale in generale si inizia a domandarsi come fare a garantire i livelli assistenziali e allo stesso tempo non far perdere il potere d’acquisto dei lavoratori. La parola d’ordine che ne scaturì e che come sindacati si doveva portare avanti era, ed è ancora oggi, Fondo Sanitario Integrativo.
Guarda caso lo sponsor maggiore di questo tipo di approccio venne fuori proprio da quei sindacati che tradizionalmente erano legati al mondo assicurativo di UniPol con convenzioni per i propri associati, leggasi triade rossa. Era un cambiamento di rotta all’interno del mondo sindacale dirompente, si rinunciava al concetto di sanità pubblica per tutti gli italiani perché la si riteneva non più sostenibile economicamente e si ripiegava sulla politica dei piccoli orti da coltivare per ogni categoria lavorativa in modo differente. Figuriamoci se io ero d’accordo, ne odoravo già a chilometri il puzzo di tranelli e di frammentazioni di stampo comunista. Il vecchio paradigma della frammentazione della lotta di classe stava subentrando nel mondo del neoliberismo, come stava succedendo in Cina. Insomma i vecchi sindacalisti comunisti fedeli alla lotta di classe stavano lasciando il posto, dopo essersi rifatti il pedigree, al nuovo neoliberismo targato PD e compagnia viaggiante.
Queste ondate di liberalizzazioni e di privatizzazioni iniziate a metà anni novanta, andavano di pari passo con lo smantellamento dello stato sociale e l’intromissione sempre maggiore dell’Unione Europea nella politica italiana. Bisogna però anche ammetterlo che hanno sempre trovato una buona sponda da un certa destra filo americana. Col mito della bandiera a stelle e strisce non hanno fatto altro che abdicare gli interessi nazionali agli interessi delle multinazionali e ora tutti se ne stanno rendendo conto a proprie spese. Il mantra della destra di allora era quello che gli USA ci fornivano uno scudo contro il pericolo dell’Est ma alla fine non ha fatto altro che aprire il portone alla globalizzazione. Insomma all’interno del mondo sindacale negli anni duemila si stavano presentando tutte quelle contraddizioni che c’erano nel mondo esterno. Io ero tra incudine e martello, sindacalista e indubbiamente non di sinistra, una mosca bianca ovunque mi muovessi. Agli occhi altrui magari poteva sembrare che lo facessi a partito preso; essere contro il nuovo che avanza, ma se uno aveva letto le biografie di Solaro, Corridoni, Rossoni e molti altri sindacalisti non conformi, si rendeva conto che il sindacalismo non era solo rosso e che innanzitutto si doveva tutelare l’interesse nazionale. Logicamente la linea politica che vinse fu quella dell’establishment di allora, cioè sempre e comunque rinunciare ai diritti pregressi, indipendentemente se fossero stati giusti o sbagliati. Ora che abbiamo contestualizzato la storia torniamo al presente. In tutte le contrattazioni sindacali per i rinnovi dei contratti, e nelle vostre buste paghe trovate quasi sempre una voce che fa riferimento a un fondo sanitario integrativo, delle volte pagato metà dal datore di lavoro e metà dal dipendente, a volte tutto a carico del datore di lavoro, di fatto questa voce ormai è diventata la normalità nei tavoli di trattativa, si discutono sui numeri, sulle percentuali e sui partner con cui collaborare, ma mai sui contenuti e sull’opportunità di farlo.
Che senso ha tutto questo? Guardiamo come esempio SaniPro, ma potremmo guardare a qualsiasi altro fondo integrativo. La quota viene pagata esclusivamente dal datore di lavoro mensilmente, fate una media di 10€ a persona per tutti i dipendenti pubblici della provincia e avete quanto incasserà, a naso 5 milioni di euro di soldi pubblici all’anno dal 2017. Quanto viene fattivamente rimborsato ai dipendenti che ne fanno richiesta? Dato che non si conosce e che non è pubblico, visto che l’assicurazione è un ente privato. Sappiamo solo che ci sono 300€ di franchigia per il rimborso sui ticket, significa che se non superi i 300€ non hai diritto a nessun rimborso. Trovare uno che ha più di 300€ di ticket da rimborsare è molto raro, perché se hai così tante prescrizioni significa che hai una patologia e sei esentato d’ufficio. Poi ci sono i rimborsi per alcune prestazioni mediche o protesi corporee, ed anche di queste non si hanno statistiche pubbliche o dati pubblici.
Cosa ci dice tutto questo? Che un fondo integrativo sanitario in generale non ha come fine l’interesse dei propri cittadini, ma deve fare business con i propri iscritti. Ma se uno è iscritto d’ufficio e non ha nemmeno la possibilità di rinunciarvi si capisce che la fregatura è doppia. Vedendola così allora diventa palese la commistione di interessi tra politica, sindacati, finanza e partiti. Gli organi di controllo e gestione guarda caso sono sempre composti da chi lo ha deciso, si basa tutto sull’autoreferenzialità, se la dicono, se la sbrigano e si autocelebrano attraverso i loro media di informazione. Tutto nel disinteresse della cosa pubblica. Quindi in Alto Adige come nel resto d’Italia e nel mondo non è poi così diverso trovare situazioni simili o parallele, forse qui l’unica differenza sta nella componente linguistica e nel monopolio dell’informazione, ma il succo non cambia. In questo momento aver scritto di questo sistema per molti potrebbe sembrare una piccolezza, ma ricordatevi cosa si urlava da giovani perché vale ancora oggi… “CONTRO IL SISTEMA LA GIOVENTÚ SI SCAGLIA”.
G.L. Cerere